La piattaforma Arts & Culture ha aperto a tutti gli utenti la visita virtuale e tridimensionale dei luoghi digitalizzati dal progetto CyArk.
La distruzione degli antichissimi Buddha di Bamiyan nel 2001, in Afghanistan, è rimasta drammaticamente impressa in tutto il mondo. Le due enormi statue scolpite nelle pareti di roccia nella valle che dava loro il nome, vennero distrutte a suon di esplosivi e cannonate dai talebani il 12 marzo 2001 nella loro folle battaglia iconoclasta contro l'idolatria. Da quell'omicidio culturale prende le mosse Open Heritage, il nuovo progetto di FGoogle Arts & Culture. Dietro all'impresa c'è l'ingegnere iracheno Ben Kacyra, uno degli inventori del primo sistema di scansione laser tridimensionale: da anni sta costruendo un archivio digitale dei patrimoni culturali mondiali in pericolo, con fini educativi ma anche per preservarne la memoria da ciò che potrà accadere loro in un futuro che spesso appare oscuro.
Con la tecnologia moderna, più precisamente grazie a computer e droni sofisticati, si è riuscito a catturare questi monumenti nei minimi dettagli, il colore, la trama delle superfici e la geometria che viene catturata dagli scanner a laser con precisione millimetrica in 3D. Queste scansioni dettagliate possono anche essere utilizzate per identificare le aree danneggiate e supportare le fasi di restauro.
Il principio base è l’emissione di un segnale luminoso (Laser) da parte di un emettitore e la ricezione del segnale di ritorno da parte di un ricevitore. Nella fase di ricezione lo scanner utilizza tecniche differenti per il calcolo della distanza che contraddistinguono il tipo di strumento.
L’emettitore è montato su un corpo che ruota intorno ad un asse verticale che contiene uno specchio, a sua volta rotante sul suo asse orizzontale, che ha la funzione di riflettere il laser ed indirizzarlo verso il punto rilevato. Il movimento del corpo e dello specchio avvengono a velocità elevatissime, consentendo l’acquisizione dei dati ad una velocità che può arrivare fino ad un milione di punti al secondo.
Nel database ci sono anche diversi siti italiani: gli scavi archeologici di Stabia, che per il momento hanno riportato alla luce una piccola parte della città romana, vittima come Pompei ed Ercolano dell'eruzione del Vesuvio del 79 d.C., piazza del Duomo a Pisa con la sua torre pendente, e la stessa Pompei. L'operazione è pressoché "open source" e dunque potenzialmente a disposizione di ricercatori, restauratori, educatori, direttori di musei: con l'aiuto di Google Cloud Platform, infatti, chiunque può richiedere il download dei dati e utilizzarli a beneficio di questi tesori in pericolo.
di MICHELE DONATO
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